La Smart City è un luogo in cui le reti e i servizi tradizionali sono resi più efficienti con l’uso delle tecnologie digitali e delle telecomunicazioni a vantaggio dei suoi abitanti e delle imprese. In realtà con il concetto di Smart City viene oggi inteso come una concezione della realtà urbana che travalica i confini tecnologici, proponendo una visione più ampia, collocando la città come progetto o evoluzione verso un vivere moderno, sano, sostenibile, sicuro, e a sostegno dei cittadini e delle imprese, nelle loro più diverse esigenze, sia del vivere quotidiano, del lavoro, della partecipazione alla vita sociale e comunitaria, delle relazioni con la pubblica amministrazione.
La Smart City è una città che gestisce le risorse in modo intelligente, mira a diventare economicamente sostenibile ed energeticamente autosufficiente, ed è attenta alla qualità della vita e ai bisogni dei propri cittadini. A livello tecnologico una smart city si caratterizza per la presenza diffusa di infrastrutture e reti per la connettività mobile 5G e il Wi-Fi, il cloud, le reti fisse in banda larga, le smart grid, le reti di trasporto multimodali e connesse, le reti idriche e l’illuminazione pubblica. Reti di sensori e dispositivi IoT che comprendono i dispositivi smart, sensori connessi, smart car, smart bike e smartphone. Elementi che producono di continuo dati che vengono processati e analizzati grazie a software di big data analytics, oltre all’elaborazione degli open data con machine learning e intelligenza artificiale. Infine, le App mobile e web che permettono di creare servizi ad alto valore aggiunto per i cittadini. Se si accetta questa concezione di Smart City si capisce l’importanza che questa dimensione sta acquisendo nella società occidentale dove, ai fenomeni di inurbamento ancora dominanti, si associa una crescente sensibilità verso le tematiche ambientali e della sostenibilità.
La situazione italiana: il divario tra Nord e Sud
Il contesto italiano evidenzia, come già si osserva in molti campi, una situazione fortemente divaricata secondo la direttrice geografica ‘Nord-Sud’. Secondo la graduatoria elaborata da ICity Rank 2023, le 4 città italiane più ‘smart’ sono tutte collocate al Centro-Nord e si tratta di Bergamo, Firenze, Milano e Modena. L’assenza di città del Meridione emerge anche estendendo la classifica alle prime dieci posizioni occupate da Bologna, Genova, Torino, Trento, Venezia, Cremona, Padova, Roma Capitale, Monza, Parma e Vicenza che, insieme alle altre, compongono il gruppo delle 16 città italiane “altamente digitali”. Unica città del Sud presente in classifica è Cagliari. Nell’edizione 2023 della ricerca, la valutazione delle città è stata articolata in tre dimensioni (sulla base di 37 indicatori costruiti su 171 variabili) che hanno mostrato caratteristiche e dinamiche diverse: la dimensione “Amministrazioni digitali” riguarda la digitalizzazione dell’attività amministrativa, tra siti web, fruizione dei servizi online e adozione delle piattaforme nazionali; quella “Comuni aperti” analizza il livello di utilizzo dei social media, la diffusione di dati aperti e la fruibilità di app; infine, “Città connesse” è la dimensione di impatto della trasformazione digitale sul governo delle città e riguarda lo sviluppo di reti di connessione, sistemi di sensori e device a essi collegabili e strumenti per l’elaborazione dei flussi informativi e analisi dei dati.
Dai punteggi acquisiti nei tre rating si evidenzia come oltre metà dei Comuni capoluogo sia ormai “digitale”, ma con diverse articolazioni. Sotto le 16 città “altamente digitali”, altre 17 sono di livello “intermedio”: Bari, Cesena, Perugia, Reggio Emilia, Brescia, Livorno, Lodi, Napoli, Palermo, Pescara, Pisa, Pistoia, Prato, Ravenna, Rimini, Siena, Verona. Altre 26 città mostrano un livello digitale “base”: Alessandria, Andria, Aosta, Arezzo, Asti, Bolzano, Catania, Cuneo, Ferrara, Imperia, La Spezia, Lecce, Mantova, Massa, Messina, Novara, Nuoro, Pavia, Piacenza, Reggio Calabria, Rovigo, Taranto, Treviso, Trieste, Udine, Verbania. Ci sono poi 29 Comuni che si trovano ancora in una fase di “alfabetizzazione digitale”, mentre 20 sono addirittura in “ritardo digitale”. Tra questi, si segnalano in particolare Agrigento, Enna e Isernia, le uniche con due punteggi su tre di livello basso.
Tutte le Città Metropolitane sono ormai “digitali” (di livello alto, intermedio o base): si evidenziano Firenze e Milano tra i 4 leader, ma anche Bologna, Genova, Torino e Venezia hanno punteggi molto alti. Ormai la digitalizzazione non è più solo appannaggio delle grandi: si è affermato un gruppo di città medie “innovative” quali Trento, Cremona, Padova, Monza, Parma e Vicenza, che si affiancano a Bergamo e Modena come città altamente digitali. Ma anche Cesena, Perugia, Reggio Emilia, Brescia, Livorno, Lodi, Pescara, Pisa, Pistoia, Prato, Ravenna, Rimini, Siena e Verona sono loro vicine, classificate come “digitali” insieme ad altri 23 capoluoghi non metropolitani. Infine, Cosenza, Frosinone, Sassari, Siracusa e Varese, pur rimanendo al di sotto della soglia delle città digitali, manifestano crescite significative in diversi indicatori.
Cagliari è l’unica città meridionale di alto livello digitale. Bari, pur raggiungendo la top ten nelle “Città Connesse”, è a livello intermedio, come anche Napoli e Palermo. Catania, Messina e Reggio Calabria – negli scorsi anni in posizioni molto basse – hanno raggiunto un livello digitale di base grazie ai progressi realizzati. Oltre ai cinque capoluoghi metropolitani, entrano tra le città digitali del Mezzogiorno anche Pescara (tra le digitali intermedie e prima tra i capoluoghi non metropolitani), Andria, Lecce, Nuoro e Taranto, che superano la soglia in almeno una dimensione. Cosenza, Sassari e Siracusa – pur non ancora classificate come digitali – evidenziano particolari progressi in alcuni indicatori.
Nell’indice Amministrazioni Digitali, al primo posto si colloca Cremona, seguita a distanza dalle toscane Siena (secondo), Firenze e Pistoia (terzo a pari merito) e poi da Lodi, Perugia, Bergamo, Cesena, Milano e Modena a chiudere la Top 10. Sono 41 le città oltre la soglia dei due terzi nel rating e tra queste solo 5 del Mezzogiorno (Pescara, Andria, Cagliari, Nuoro e Taranto). Le differenze geografiche sono più contenute che in altre dimensioni. La digitalizzazione dei servizi amministrativi, avviata oltre una decina di anni fa da alcuni capoluoghi metropolitani, ha visto emergere un gruppo città intermedie innovative (come Bergamo, Modena, Parma, Trento) e realtà meridionali dinamiche. È stata sostenuta dalle attività di Agenzie Nazionali e dal consolidamento di “modelli di riferimento”, fino alla forte spinta del Covid. Per effetto del PNRR si prevede un ulteriore avvicinamento al vertice.
Nell’indice dei Comuni Aperti, al primo posto c’è Firenze, seguita in seconda posizione da Torino, in terza da Bologna, in quarta da Milano e Roma, poi ancora Bergamo, Genova, Reggio Emilia e Trento (pari merito all’ottavo posto), Modena e Venezia (pari merito al decimo posto). 31 città superano la «soglia» dei due terzi nel rating e tra queste solo 7 del Mezzogiorno (Palermo, Lecce, Bari, Cagliari, Messina, Napoli e Catania). Le grandi città fanno registrare un valore nettamente superiore delle medio-grandi, come anche i capoluoghi del Nord rispetto a quelli del Sud. È probabile che nei prossimi anni si consoliderà un modello omogeneo di riferimento di utilizzo del digitale per comunicare e rendere disponibili le informazioni, che al momento non è ancora completo: le esperienze sono diversificate nelle caratteristiche e nei risultati e ai vertici si trovano soprattutto città metropolitane “pioniere” dell’innovazione e alcune intermedie.
Al vertice della classifica delle Città connesse c’è Bologna, che precede sul podio con un margine ridotto Milano e Cagliari. Poi, nella top 10, troviamo Firenze (quarta), Venezia (quinta), Padova e Torino (seste a pari punti), Trento (ottava), Bergamo (nona), Bari, Genova e Modena (decime a pari punti). Le città che superano la «soglia» dei due terzi nel rating sono 33, tra queste solo 6 appartengono al mezzogiorno (oltre le due già citate Palermo, Napoli, Pescara e Reggio Calabria).
Quasi il 50% dei Comuni italiani lavora alla svolta ‘Smart’
L’attenzione alla Smart city è andata crescendo negli ultimi anni, e si sono moltiplicati i progetti relativi ad uno o più aspetti specifici della città. Secondo una survey del Politecnico di Milano, al 2019 solo il 42% dei comuni con più di 15.000 abitanti aveva attivato almeno un progetto di Smart city nei 3 anni precedenti: un dato comunque in aumento del 6% rispetto a quanto rilevato nel 2018. In particolare, il 31% aveva avviato 1 o 2 progetti, e solo l’11% aveva attivato un numero di progetti maggiore. Ben il 58% dei comuni al di sopra dei 15.000 abitanti non aveva attivato alcun progetto nel triennio. Dopo la Pandemia Covid-19 è cambiata la concezione della città. L’incremento della digitalizzazione, per quanto forzato, il ripensamento del lavoro che ha portato al largo utilizzo dello smart working, la maggiore attenzione all’ambiente e all’economia circolare, ha fatto sì che l’attenzione alla Smart City sia contestualmente cresciuta.
Secondo una survey su comuni italiani realizzata dall’Osservatorio Internet of Things del Politecnico di Milano negli anni 2020-2021, nei comuni al di sotto dei 15.000 abitanti la Smart City è ritenuta di grande o fondamentale importanza per il 42% degli amministratori e nel 31% dei Comuni è presente una figura dedicata, mentre per le città con un numero di abitanti superiore a 15.000 la Smart City è un tema fondamentale o molto rilevante per l’80% degli intervistati, e nel 72% dei comuni è presente una figura dedicata. La maggiore attenzione riservata al tema dagli amministratori italiani e dalle aziende del settore è ben evidenziata nell’andamento crescente del valore del mercato. A fronte di un valore che negli anni 2012 – 2014 rappresentava non più del 2-3% del mercato IoT, negli ultimi anni si è assistito a una progressiva crescita che, nonostante la presumibile battuta d’arresto legata alla pandemia del Covid-19, raggiungerà oltre 1 miliardo di euro nel 2025.
Quanto vale il mercato italiano delle ‘Smart Cities’?
A chiarire la dimensione del mercato italiano delle Smart Cities e le sue prospettive di crescita è uno studio di Unicusano che attribuisce attualmente a questo mercato una dimensione pari a 900 milioni di euro ma che vede ampi margini di crescita nei prossimi anni. Grazie ai fondi del PNRR, l’Italia avrà a disposizione oltre 17 miliardi di euro per lo sviluppo delle città intelligenti: 5,3 miliardi di euro saranno destinati alla rigenerazione urbana e alla qualità abitativa, 2 miliardi ai servizi digitali rivolti ai cittadini, 8,6 miliardi alla transizione ecologica, 1 miliardo alle strade più sicure. La rigenerazione dei tessuti urbani andrà dalla mobilità alla sostenibilità ambientale, dalla cultura all’approvvigionamento idrico, dalla sanità allo smaltimento dei rifiuti passando per il turismo, il benessere sociale e il più ampio concetto di governance. L’applicazione di questo modello avrà anche un impatto sul mercato del lavoro: da qui al 2029 saranno creati circa 2,5 milioni di nuovi posti e professioni a opera delle città smart. Un vero e proprio boom, non solo economico, che avrà il suo fulcro nei 350mila professionisti ad alta specializzazione per infrastrutture di rete, sensoristica, piattaforme dati, applicazioni mobile e web.
Dal PNRR può arrivare la svolta decisiva
Proprio dal PNRR può quindi arrivare una svolta decisiva per consentire alle città italiane di imboccare la strada della rigenerazione e delle sostenibilità. Gli obiettivi fissati dal Governo mirano a promuovere azioni su diversi livelli. Tra le priorità individuate c’è l’obiettivo di ricucire il tessuto urbano ed extra-urbano colmando deficit infrastrutturali e di mobilità; ugualmente rilevante è il recupero degli spazi urbani e delle aree già esistenti allo scopo di migliorare la qualità della vita. Un ruolo di rilievo viene infine attribuito alla promozione di processi di partecipazione sociale e imprenditoriale. I progetti dovranno inoltre restituire alle comunità una identità attraverso la promozione di attività sociali, culturali ed economiche. La fetta più grande delle risorse (assegnate in base alla popolazione residente e alla vulnerabilità sociale e materiale, misurata attraverso un apposito indice) va alla città metropolitana di Napoli (351 milioni di euro), seguita da Roma Capitale (330 milioni), Milano (277), Torino (234), Palermo (196), Catania (186), Bari (182), Firenze (157), Bologna (157), Genova (141), Venezia (140), Messina (132), Reggio Calabria (119) e Cagliari (101). I progetti oggetto di finanziamento riguardano investimenti volti al miglioramento di ampie aree urbane degradate, per la rigenerazione e rivitalizzazione economica, con particolare attenzione alla creazione di nuovi servizi alla persona e alla riqualificazione dell’accessibilità e delle infrastrutture, permettendo la trasformazione di territori vulnerabili in città intelligenti e sostenibili.
Dal 5G un impulso a livello globale
Il fenomeno della rivoluzione delle città in senso ‘Smart’ ha un ampio riconoscimento a livello mondiale e, in particolare nell’occidente europeo e anglosassone, è divenuto argomento di dibattito pubblico e iniziativa politica. Molti Paesi stanno investendo ingenti risorse in questa direzione e gli analisti si attendono una rapida crescita del fenomeno anche in Oriente e nel Nuovo Mondo. Secondo un analisi della società Omdia, le applicazioni digitali utilizzate nelle Smart Cities stanno registrando una esplosione a livello globale (ad esempio, CCTV connesse, illuminazione stradale intelligente, ecc.). Secondo questo report i dispositivi per le città intelligenti sono passati da 117 milioni di dispositivi nel 2018 a 399 milioni nel 2023. La proiezione al 2025 vede superare nel mondo i 500 milioni di dispositivi. Questi includono pali luminosi intelligenti (smart lighting), dispositivi di parcheggio intelligenti (smart parking), le telecamere di sorveglianza connesse e altri dispositivi di pubblica sicurezza, il trasporto urbano intelligente, la gestione dei rifiuti connessa e il monitoraggio ambientale. Se fino ad oggi il mercato prevalente è stato il Nord America seguito da Europa e Asia, la diffusione di questi dispositivi e delle associate applicazioni nei prossimi anni avverrà soprattutto in Asia, sebbene Nord America e Europa rappresenteranno comunque mercati importanti.
Ciò è dovuto al fatto che l’Asia ha un gran numero di “megalopoli”, con una popolazione elevata e in rapida crescita. Sono quindi molto presenti e sentite le problematiche urbane di energia e ambiente, da cui deriva un bisogno significativo di Smart City. Inoltre, essendoci molte aree in Asia con città in crescita ed elevati tassi di costruzione edilizia o sviluppo urbano, si determina un ambiente perfetto per distribuire tali dispositivi e applicazioni, in quanto implementare tali soluzioni su siti greenfield è generalmente più semplice rispetto alle soluzioni di retrofitting in città ed edifici esistenti, come invece frequente in Europa e America. In ultimo, il crescente investimento in reti di telecomunicazioni di ultima generazione degli operatori di telecomunicazioni asiatici, primo fra tutti il 5G, favorirà la rapida diffusione delle soluzioni. Secondo Markets and Markets, il mercato è più che raddoppiato tra il 2016 e il 2021, in termini di valore di beni e servizi associati inclusi i servizi e i ricavi da connettività, e continuerà a crescere nei prossimi anni, fino a superare i 1.000 miliardi di dollari nel 2027.
Riflessioni finali
Non ci sono dubbi che le ‘Smart Cities’ occuperanno uno spazio sempre crescente nel campo dell’attività economica, politica e sociale dei prossimi anni. Lo testimonia l’enorme quantità delle risorse che stanno affluendo nel settore: si annuncia una rivoluzione che, se completata, potrebbe comportare una svolta decisiva per i tessuti urbani in senso ‘verde e sostenibile’. Un ruolo fondamentale in questo processo sarà svolto dalle tecnologie coinvolte, dal 5G alle Smart Grid passando per il Cloud e le infrastrutture di stoccaggio e analisi dei dati che saranno raccolti attraverso i diversi dispositivi digitali. L’Italia sta compiendo progressi negli ultimi anni anche se restano forti differenze, se non dicotomie, tra le diverse zone della Penisola, con un Nord mediamente avanzato e un Meridione che stenta a progredire altrettanto rapidamente. È grazie alle risorse che sono messe a disposizione dal PNRR che si può puntare ad un superamento di questa divaricazione territoriale creando un unico ambiente, quello nazionale, tecnologicamente omogeneo.