A fine 2022 operavano in Italia 5 player infrastrutturati e 20 operatori virtuali (MVNO) nel comparto mobile, mentre erano numerosi i soggetti attivi nella rete fissa. Con questi numeri non stupisce che il mercato italiano delle telecomunicazioni sia uno tra i più frammentati del Vecchio Continente. Questa frammentazione, indotta in larga parte della necessità di garantire una maggiore concorrenza sulle tariffe, ha di fatto impedito agli operatori la possibilità di raggiungere dimensioni di scala tali per pianificare investimenti di lungo periodo. Ora che il comparto si trova di fronte ad un salto tecnologico decisivo, anticipato dal 5G e, successivamente, con l’avvento del 6G, è più che mai necessario disporre di una massa critica sufficiente ad affrontare gli ingenti investimenti che serviranno a mantenere il settore al passo con le sollecitazioni che arrivano dalle frontiere dell’innovazione tecnologica. È anche da qui che passa la strada che può consentire alle telco italiane di sfuggire alla trappola della bassa redditività che da troppo tempo grava sul settore comprimendone le prospettive di crescita e sviluppo.
Fusione Fastweb-Vodafone, riparte il risiko delle Tlc
Il processo di consolidamento nel comparto delle tlc italiane ha registrato una profonda accelerazione pochi giorni fa quando Swisscom e Vodafone hanno messo nero su bianco di essere in trattative esclusive per un’operazione di fusione in Italia. Nella fattispecie Swisscom sta trattando l’acquisto del 100% degli asset italiani di Vodafone con l’obiettivo di arrivare a una fusione di Vodafone Italia con la sua controllata Fastweb. I due gruppi hanno trovato un accordo sul prezzo di acquisto in via preliminare di 8 miliardi di euro in contanti e senza produrre debito. La transazione, riporta una nota del big delle telecomunicazioni svizzero, è attesa comportare una crescita di valore e dei flussi di cassa per Swisscom. Nelle intenzioni della compagnia telefonica svizzera la fusione tra Vodafone Italia e Fastweb unirebbe “infrastrutture mobili e fisse” di elevata qualità, competenze e capacità di creare un gruppo leader basato sulla convergenza dei rispettivi business. L’aumentata scala, la struttura dei costi più efficiente e il significativo potenziale in termini di sinergie consentirebbero alla nuova entità di liberare valore per tutti gli azionisti”.
Vodafone esce dal mercato italiano
Con la prevista cessione a Fastweb, Vodafone, di fatto, uscirebbe dal mercato italiano. Lo scenario che si andrebbe così a configurare rappresenta un taglio netto rispetto alla soluzione che era stata precedentemente avanzata da Iliad, altro pretendente alle attività italiane del gruppo inglese. Il gruppo francese aveva infatti proposto una joint venture, che Vodafone, però, aveva rifiutato fornendo peraltro una valutazione più elevata agli asset italiani del gruppo di Newbury. Il pagamento cash e la vendita sono stati preferiti rispetto a una valutazione più alta visto che gli 8 miliardi offerti da Swisscom, pari a circa 6 volte l’EBITDAaL, risultano di oltre il 20% inferiori rispetto all’offerta presentata da Iliad che valutava gli asset italiani intorno a 10,45 miliardi di euro – pari a 7,8 volte l’EBITDAaL – e offriva una componente in contanti di 6,6 miliardi.
Il nuovo gruppo sarebbe il primo operatore su Ftth
Secondo le prime valutazioni degli analisti una fusione tra Vodafone e Fastweb dovrebbe incontrare minori ostacoli antitrust rispetto a una joint venture tra Vodafone e Iliad, ma le sinergie sarebbero anche inferiori e senza determinare alcuna market repair sul segmento mobile. In base agli ultimi dati riportati nell’Osservatorio trimestrale Agcom e aggiornati al 30 settembre 2023, la combinazione fra Vodafone Italia e Fastweb creerebbe il secondo operatore di banda larga fissa del Paese (market share aggregata del 30,3%, di cui Vodafone 16,5% e Fastweb 13,8%, contro il 38,4% di Tim) e del primo player su Ftth (market share combinata 36%, di cui Vodafone 18,5% e Fastweb 17,5% contro il 25,9% di Tim) con una forte presenza nel segmento business fisso, particolarmente remunerativo: market share combinata del 35,1% di cui Vodafone 17% e Fastweb 18%, contro il 41,5% di Tim.
Le conseguenze sul mercato mobile
Nel mercato mobile, l’unione fra Fastweb e Vodafone non cambierebbe granché: Vodafone è già il secondo operatore, con una quota del 27,2%, di poco inferiore al 27,9% di Tim. I 3 milioni di clienti Fastweb potrebbero forse consentire il sorpasso del nuovo gruppo su Tim, ma il mercato rimarrebbe molto frammentato e concorrenziale, con operatori come Iliad e Sky Mobile pronti ad approfittare di eventuali scivoloni della neo-rivale sulle tariffe.
Le conseguenze sulla rete fissa
Nella rete fissa si assisterebbe a un’importante concentrazione. Stando all’ultima edizione dell’osservatorio dell’Agcom, Vodafone detiene una quota di mercato del 15,9% nelle linee wi-fi, Fastweb del 13,8%. Il nuovo gruppo nato dalla loro fusione arriverebbe quindi a detenere quasi il 30% dei clienti, una quota ancora lontana dal 40% della primatista Tim, ma di gran lunga superiore al 14% dell’inseguitrice Wind Tre. Nel medio-lungo termine, tale consolidamento potrebbe portare a un aumento dei prezzi, anche se la concorrenza di nuovi entranti come Sky e Iliad potrebbe fungere da calmiere per i prezzi.
L’impatto sui servizi alle imprese
Stessa dinamica si registrerebbe nel settore dei servizi di telecomunicazione per le imprese, dove sia Fastweb sia Vodafone sono molto forti. Vodafone ha registrato fra ottobre e dicembre una crescita dell’8% nella divisione, mentre nel mercato aziendale italiano Fastweb deteneva a fine 2023 una quota di mercato del 35%. L’unione delle due creerebbe quindi un concorrente molto forte e temibile per Tim che sarebbe probabilmente costretta a reagire.
Vodafone in uscita anche dalla Spagna
Mentre si appresta a lasciare il mercato italiano Vodafone ha intanto finalizzato la cessione dei suoi asset in Spagna. Il gruppo inglese ha infatti venduto le sue attività nel Paese iberico a Zegona Communications per un controvalore di 5 miliardi di euro, di cui almeno 4,1 miliardi in contanti e fino a 0,9 miliardi in azioni privilegiate rimborsabili entro sei anni dal closing. L’accordo include anche la fornitura di servizi da parte di Vodafone a Vodafone Spagna, con un valore annuo di 110 milioni di euro. Vodafone offrirà a Zegona un contratto di licenza per l’utilizzo del marchio Vodafone in Spagna per un massimo di dieci anni. Saranno inoltre stabiliti ulteriori accordi transitori e a lungo termine riguardanti servizi come l’accesso alla contrattazione, l’IoT, il roaming mobile e altri servizi dell’operatore. Il closing dell’operazione è previsto nella prima metà del 2024.
La fusione vista dal mercato
Secondo un’analisi del centro studi di Mediobanca, l’accordo con Fastweb-Swisscom “creerebbe il secondo operatore italiano di banda larga su linea fissa con una forte presenza nel pregiato segmento business. Dovrebbe, inoltre, affrontare, minori ostacoli normativi rispetto a una combinazione con Iliad, ma offrirebbe potenziali sinergie inferiori”. Il passo, ad ogni modo, va nella giusta direzione poiché, sostengono gli esperti di Piazzetta Cuccia, fusioni e acquisizioni sono le uniche che possono innescare “un virtuoso processo di aumento dei prezzi” fondamentale per mantenere le aziende telefoniche in equilibrio. E non si possono neanche escludere “fusioni a tre” in futuro insieme con altre forme di cooperazione tra gli operatori del settore. Tutto ciò ridurrebbe la concorrenza e consoliderebbe il posizionamento di pochi player nel mercato di riferimento.
Uno studio di Intesa Sanpaolo sottolinea, invece, come emerga qualche anomalia nel confronto tra l’offerta di Iliad e quella di Swisscom per Vodafone Italia. A ben guardare, dicono gli analisti della prima banca italiana, “la sorpresa è il prezzo basso offerto (a meno che non ci manchi qualche informazione), che è inferiore alla parte in contanti dell’offerta Iliad”. Ma al momento non si conoscono tutti i dettagli delle trattative tra le parti ed è difficile fare un paragone puntuale. Inoltre, è possibile che a favore di Swisscom abbiano pesato altri fattori come il fatto che la fusione Fastweb-Vodafone dovrebbe ottenere il via libera solo dell’antitrust italiano mentre con Iliad sarebbe entrata in gioco l’autorità di Bruxelles, rendendo l’operazione potenzialmente più impegnativa.
Secondo gli analisti di Equita, la fusione tra Fastweb e Vodafone pone le basi per un “consolidamento che modifica in modo meno profondo gli equilibri di mercato rispetto all’ipotesi Vodafone-Iliad”. Ma, soprattutto, bisogna considerare che la casa francese che fa capo al miliardario Xavier Niel “rimarrebbe interessata a qualche forma di consolidamento sul mercato italiano”. Cosa che, ovviamente, fa accendere i riflettori su Telecom Italia e le sue future mosse per aumentare il peso nei servizi soprattutto nel mobile. La morale della favola è che nella telefonia si apre una prospettiva di aggregazioni nel nostro paese ma anche in tutta Europa e che questo porrà dei problemi a livello di antitrust. A livello europeo, precisa l’analisi di Mediobanca, una posizione più favorevole dei regolatori potrebbe arrivare una volta che sarà nominata la nuova Commissione, dopo le elezioni del Parlamento UE di giugno.
Il risiko delle tlc coinvolge anche gli altri operatori
La possibile fusione tra Vodafone e Fastweb apre la strada all’avvio di una nuova stagione di M&A nel comparto delle telco. L’aggregazione tra gli asset italiani del gruppo svizzero e inglese lascia comunque sul mercato altri 3 grandi operatori come Telecom, WindTre e Iliad. Almeno due di questi hanno chiarito di non essere contrari ad operazioni di M&A. Iliad ha percorso operativamente questa strada proponendo, prima di Fastweb, una possibile aggregazione a Vodafone sul mercato italiano (attraverso una joint venture) ma la sua offerta è stata respinta. Ora una strada percorribile potrebbe essere quella di una alleanza con Wind Tre con la quale è già in piedi la joint venture Zefiro Net, società detenuta a livello paritetico che persegue lo scopo di condividere e gestire congiuntamente le rispettive reti di telefonia mobile nelle aree meno densamente popolate del territorio nazionale. Zefiro Net detiene la proprietà e la gestione tecnica – per conto dei due soci – dell’infrastruttura fisica che consente la fornitura di servizi radiomobili in un’area in cui risiede circa il 26,8% della popolazione italiana. Più cauta la posizione di Telecom che è ancora alle prese con lo scorporo della società che gestisce la rete. “Di sicuro, fino a luglio 2024, quando avremo il closing di NetCo, possiamo solo stare alla finestra, perché è difficile partecipare a questo tipo di mosse mentre stiamo finalizzando lo scorporo e ottenendo l’autorizzazione”, ha recentemente affermato l’amministratore delegato di Telecom, Pietro Labriola. “Nel futuro – ha aggiunto – potremo partecipare a questo gioco, ma è importante capire che se stiamo alla finestra, e si verificherà, avremo qualche vantaggio, se partecipiamo in maniera attiva avremo altri vantaggi, ma dobbiamo stare pronti per capire cosa può succedere”.
Riflessioni finali
La possibile fusione tra Vodafone e Fastweb rappresenta solo il primo passo di un più ampio processo di consolidamento delle tlc in Italia: un processo inevitabile e destinato ad accelerare nel corso dei prossimi anni. Operazioni che prima erano ostacolate dai vincoli della concorrenza ora, invece, tendono a trovare maggiore accoglienza anche in sede europea. Nel ‘Pacchetto Connettività’ recentemente approvato dalla Commissione Ue, Bruxelles si è detta, infatti, pronta a valutare l’allentamento delle regole sulle fusioni nel settore delle telecomunicazioni per contribuire a sviluppare il 5G e consolidare il mercato transfrontaliero. “La frammentazione del mercato potrebbe incidere sulla capacità degli operatori di raggiungere la dimensione necessaria per investire nelle reti del futuro, in particolare in vista dei servizi transfrontalieri”, si legge nel documento e “si pone la questione se il consolidamento transfrontaliero o diverse forme di cooperazione a monte possano consentire agli operatori acquisire dimensioni sufficienti, senza compromettere la concorrenza a valle”. Anche dall’Europa, insomma, sembra essere arrivato il via libera alla nuova stagione di M&A che si profila all’orizzonte.