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Google decapita gli smartphone Huawei. Già nelle prossime ore tutti i telefoni sfornati dal colosso cinese rischiano di perdere l’accesso agli aggiornamenti del sistema operativo Android, cioè la mente che fa funzionare tutto. Non solo, applicazioni e servizi diventati ormai indispensabili per gli utenti occidentali, come Gmail e Play Store, il negozio digitale di Big G, scomparirebbero dai successivi prodotti firmati Huawei. E non unicamente in terra del Dragone, dove da sempre le app di Mountain View sono bandite, ma anche nel resto del mondo.

Lo rivela in esclusiva Reuters che avrebbe ricevuto la soffiata da una fonte ben informata, interna alla compagnia californiana: un’indiscrezione poi confermata dal sito di tecnologia The Verge, mentre un portavoce di Google ha dichiarato “ci stiamo adeguando all’ordine e valutando le implicazioni”, senza rilasciare dettagli. Una mossa che potrebbe avere enormi ripercussioni e segnare definitivamente la caduta di Huawei dall’olimpo mondiale degli smartphone. Al momento, la classifica vede l’azienda di Shenzhen tallonare Samsung, circa un anno dopo lo storico sorpasso di Apple.

Non solo Google. Anche le aziende Usa produttrici di chip e microchip – da Intel a Qualcomm, da Xilinx a Broadcom – si sono adeguate alla linea dettata dall’amministrazione Trump e hanno tagliato i ponti con Huawei, congelando le forniture destinate al colosso tecnologico cinese. Lo riporta l’agenzia Bloomberg, che spiega come le varie società hanno già informato i propri dipendenti. Si tratta di sviluppi che rischiano di portare alle stelle le tensioni tra Washington e Pechino, già impegnate in un braccio di ferro sui dazi.

Google: simbolo sfida Usa-Cina

La decisione di Google fa seguito a un braccio di ferro che va avanti da mesi e si incastona con la trattativa commerciale in corso tra Cina e Usa. Il colosso hi-tech, all’avanguardia nello sviluppo delle nuove reti di comunicazione mobili 5G, è infatti diventato il simbolo della sfida tecnologica tra Washington e Pechino. Una crociata che gli Stati Uniti non si sono accontentati di vincere sul suolo nazionale, dove Huawei è stata cacciata.

L’amministrazione Trump ha spostato la linea del fronte anche in Europa, cercando di convincere gli alleati della Nato che i dispositivi cinesi sono una minaccia per la sicurezza nazionale. Giovedì scorso l’ultima bordata: il governo Usa ha inserito l’azienda di Shenzhen nella lista nera delle proprie entità commerciali. Una mossa annunciata dal ministro del Commercio statunitense, Wilbur Ross, e diretta ad “impedire che la tecnologia americana venga utilizzata da entità straniere in un modo tale da minare la sicurezza nazionale o gli interessi di politica estera”.

Si sapeva che la misura avrebbe reso più difficile per Huawei comprare parti e componenti dalle società a stelle e strisce. Nessuno, però, si aspettava un colpo di scena immediato di tale portata.

Huawei vedrebbe di gran lunga limitati i servizi che sarebbe in grado di offrire ai propri utenti e potrebbe continuare ad utilizzare solo la versione Aosp di Android, quella quindi con licenza open-source. In realtà, sembra che dal colosso cinese abbiano da tempo pensato a un’eventualità del genere e cercato di mettersi ai ripari. Da un anno si vocifera che l’azienda stia lavorando a un proprio sistema operativo, Huawei OS, capace di fare concorrenza tanto ad Android che ad iOS. Ma al momento il software sarebbe ancora troppo immaturo. Adesso la parola d’ordine è solo una: accelerare.

 

LUBEA News on-line

Date: 2019-05-20

Written by: Rosita Rijtano