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La trasformazione in senso digitale della Pubblica Amministrazione, dei processi come dei servizi che vengono offerti ai cittadini, è uno degli elementi cardine della modernizzazione dell’Italia. Per molti anni questo obiettivo è stato perseguito in modo timido, spesso senza l’impiego delle ingenti risorse necessarie per dare spessore al processo, e in modo del tutto slegato rispetto ad una visione strategica di medio e lungo termine. Questa impostazione ha subito un repentino cambio di paradigma e una rapida accelerazione con l’approvazione del PNRR che individua nella digitalizzazione della PA uno dei fattori qualificanti del Piano di ripresa italiano e che destina a questo obiettivo una fetta cospicua dei fondi stanziati a livello comunitario.

PNRR e Digitalizzazione della PA

La digitalizzazione della Pubblica Amministrazione è stata incardinata a livello nazionale nel Piano strategico per la transizione digitale e la connettività del Paese: un piano approvato nell’ambito del PNRR con uno stanziamento complessivo di oltre 13 miliardi di euro. Di questi 6,74 miliardi sono dedicati alla Digitalizzazione della PA. Il percorso di avvicinamento delle PA alle innovazioni previste dal PNRR è iniziato nel novembre 2021 ed è proseguito nel tempo con l’approvazione di numerosi avvisi finalizzati all’assegnazione delle risorse europee e nazionali.

L’importante piano di investimenti e riforme previsto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza ha l’obiettivo di mettere l’Italia nel gruppo di testa delle nazioni europee più digitali in Europa entro il 2026. Per fare ciò pone cinque ambiziosi obiettivi:

  • Diffondere l’identità digitale, assicurando che venga utilizzata dal 70% della popolazione;
  • Colmare il gap di competenze digitali, con almeno il 70% della popolazione che sia digitalmente abile;
  • Portare circa il 75% delle PA italiane a utilizzare servizi in cloud;
  • Raggiungere almeno l’80% dei servizi pubblici essenziali erogati online;
  • Raggiungere, in collaborazione con il MISE, il 100% delle famiglie e delle imprese italiane con reti a banda ultra-larga.

Bene la gestione dei fondi UE, raggiunto il 53% dei target

L’Italia sta gestendo bene i fondi messi a disposizione dal PNRR per l’attuazione dell’Agenda Digitale. Lo evidenzia la ricerca dell’Osservatorio Agenda Digitale della School of Management del Politecnico di Milano, secondo cui il nostro Paese ha già realizzato il 53% delle milestone e dei target concordati con l’Europa (151 dei 290 previsti). A fine 2023 l’Italia si conferma come il Paese che vanta i migliori risultati raggiunti nella trasformazione digitale nell’ambito del PNRR, che ha assegnato 47 miliardi di euro dal 2021 a giugno 2026 (40 miliardi della Missione 1, più le iniziative di digitalizzazione di altre cinque): una cifra pari al 37% di tutte le risorse europee dedicate alla trasformazione digitale nel Next Generation EU. Si tratta di una somma molto più alta rispetto a quelle riconosciuta a tutti gli altri Paesi in Europa: la Spagna prevede di spendere per il digitale 20 miliardi di euro, la Germania 13, la Francia 9 e altri 19 Stati stimano di spendere meno di 2 miliardi.

La PA è del resto fondamentale nell’attuazione del PNRR e nel raggiungimento degli obiettivi di trasformazione digitale. Almeno il 60% delle risorse del Piano (e nello specifico il 33% di quelle della Missione 1 per la trasformazione digitale) sono destinate a PA centrali, locali o imprese pubbliche. Traguardando gli obiettivi ai prossimi mesi emerge che, entro fine 2024, l’Italia deve confermare i target di fine 2023 sui tempi di aggiudicazione delle gare pubbliche, su quelli per realizzare quanto previsto e sulla gestione dei relativi pagamenti; deve spedire almeno 3 milioni di lettere di conformità e generare un gettito fiscale, da queste, di almeno 2,7 miliardi di euro. Il nostro Paese è chiamato anche a ridurre del 65% le cause pendenti nei tribunali ordinari e del 55% quelle nelle corti di appello civili.

L’Osservatorio ha analizzato tramite i propri Digital Maturity Indexes gli indicatori raccolti nel 2023 dalla Commissione Europea per confrontare i Paesi verso gli obiettivi di Digital Decade 2030, evidenziando una situazione che, come negli scorsi anni, è caratterizzata da luci e ombre. Malgrado ottimi risultati nella disponibilità di open data (settimo posto in Europa), il nostro Paese è poi distante dalla media europea per moduli di eGovernment precompilati a disposizione dei cittadini, nei servizi pubblici digitali offerti alle imprese e, in generale, nella trasparenza dei servizi pubblici digitali. Negli indicatori della Digital Decade 2030 siamo allineati alla media europea solo per il numero di cittadini che consultano digitalmente i referti sanitari; per il resto in rincorsa. Ma superiamo la media Europea per la quota di cittadini che interagiscono online con la PA: il 76% degli utenti italiani contro il 74% europei. Gli Osservatori del Politecnico di Milano sottolineano poi che l’Italia ha compiuto passi avanti sul modello di sviluppo ed erogazione di servizi pubblici digitali “Government as a Platform “. A fine 2023, si evidenziano miglioramenti nella digitalizzazione della PA per quanto riguarda i 4 pilastri del modello: dataset e componenti condivisi, piattaforme per accentrare l’offerta di servizi pubblici, modelli di interoperabilità basati su api e soluzioni cloud.

Tra le basi dati condivise, l’Anpr (Anagrafe nazionale della popolazione residente) è ormai una soluzione consolidata, con tutti i Comuni italiani aderenti e la possibilità di scaricare 15 certificati anagrafici. In più si stanno facendo passi in avanti per l’integrazione delle liste elettorali, digitalizzando i processi di registrazione e gestione degli atti di stato civile e rendendo interoperabili altre anagrafi. Il Fascicolo Sanitario Elettronico non è ancora completamente operativo e interoperabile, ma oltre 418 milioni di referti digitalizzati sono già accessibili e il PNRR destina 1,3 miliardi di euro a rendere pienamente operativa la soluzione. Continua, inoltre, il popolamento del portale dati.gov.it, con oltre 60.000 open data importati automaticamente dalle PA aderenti (897).

Tra le diverse piattaforme operative usate dai cittadini in firmato digitale, PagoPA vanta oltre 16mila PA aderenti e, da quando è attivo, per il nodo dei pagamenti sono stati transati oltre 209 miliardi di euro. In questo segmento il PNRR destina 370 milioni di euro all’attivazione e alla migrazione di servizi di incasso superiori a 250.000 euro. Lo Spid è nelle mani di 36 milioni di italiani (da cui viene usato oltre un miliardo di volte l’anno) mentre sono oltre 40 milioni le Cie rilasciate. Il Governo ha indicato di voler portare le due piattaforme a convergenza e evolverle verso il digital identity wallet. In questo settore il PNRR prevede di destinare 285 milioni di euro per rilasciare 42 milioni di identità digitali entro giugno 2025. L’App IO è stata scaricata da 36 milioni di italiani e le 15mila PA presenti offrono oltre 274mila servizi che saranno potenziati con 390 milioni di euro del PNRR.

Per i Comuni Italiani la digitalizzazione è a macchia di leopardo

Uno spaccato ancora più specifico sul livello di Digitalizzazione della PA arriva da uno studio condotto dagli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano in collaborazione con AssoSoftware, l’Associazione italiana produttori software e l’Osservatorio Agenda Digitale. Secondo questa analisi i comuni italiano procedono a due velocità in fatto di digitalizzazione. Nel 2023 il 94% dei Comuni ha presentato piani di migrazione al Cloud nell’ambito del PNRR mentre il 68% ha ormai tutto il proprio portafoglio di gestionali in Cloud. Ma la dimensione fa la differenza quando si tratta di vera trasformazione digitale: solo un terzo dei Comuni di piccole dimensioni ha formato tutto il personale, contro il 46% di quelli medio-grandi. Con, quindi, un reale utilizzo ben diverso.

Malgrado i passi in avanti restano ancora deficit e ritardi

Il balzo in avanti registrato in questi ultimi anni post-pandemici non è comunque stato sufficiente per colmare completamente il gap che l’Italia aveva accumulato nei confronti dei Paesi europei più avanzati in termini di digitalizzazione della PA. L’Italia, in particolare, risulta ancora essere sotto la media europea nell’efficienza dei servizi pubblici digitali. A rilevarlo è l’eGovernment Benchmark Report 2023: il documento della Commissione Europea che monitora lo stato di digitalizzazione dei servizi pubblici digitali nel gruppo di Paesi Eu27+ (tutti gli Stati Membri dell’Ue più Albania, Islanda, Macedonia del Nord, Montenegro, Norvegia, Serbia, Svizzera e Turchia), redatto da un gruppo di lavoro coordinato da Capgemini al quale da 8 anni partecipa il Politecnico di Milano. Su un punteggio totale fissato a 100, la prestazione media dei servizi pubblici digitali nell’Europa è di 70 punti, con il forte contributo di Malta, primo Paese con 91 punti, Estonia (92), e altri stati che mostrano livelli avanzati come Lussemburgo (89), Islanda (88), Finlandia (86), Paesi Bassi (85), Lituania (85), Danimarca (85), Lettonia (82), Turchia (81) e Norvegia (80). Il nostro Paese, nonostante i miglioramenti degli ultimi anni ottiene un punteggio di 61 punti, distante dal gruppo dei migliori.

L’eGovernment Benchmark Report valuta i servizi pubblici online attraverso 14 indicatori organizzati in 4 dimensioni: la centralità dell’utente finale nel design del servizio, la trasparenza dell’informazione rispetto all’erogazione del servizio, i fattori tecnologici chiave per il dispiegamento del servizio, la disponibilità di servizi transfrontalieri. Lo studio impiega la metodologia del mystery shopping: nel 2021 e 2022 dei simulatori della fruizione dei servizi (gli shopper) hanno consultato più di 15.000 siti web di amministrazioni pubbliche, mettendo alla prova le user journey dei servizi offerti. Secondo il Report, per raggiungere il 100% di digitalizzazione dei servizi pubblici fondamentali entro il 2030, così come prescritto dalla Bussola Digitale, i territori europei devono intraprendere tre azioni. Innanzitutto, devono chiudere il divario tra utenti domestici e transfrontalieri superando le barriere linguistiche e abilitando l’autenticazione attraverso l’identità digitale che, benché istituita e distribuita su base nazionale, rispetta lo standard comune europeo eIdas. In secondo luogo, i Paesi europei devono ridurre il gap tra cittadini e imprese, che godono già più diffusamente di servizi digitali maturi, mentre ben un cittadino europeo su 5 non interagisce online con la propria amministrazione pubblica. Infine, è necessario chiudere il divario tra livelli istituzionali: sono soprattutto le amministrazioni centrali a erogare servizi in modo digitale, seguite dal livello regionale e in minor misura da quello locale.

Anche secondo l’Ocse l’Italia è in ritardo nella digitalizzazione della PA

Anche un recente rapporto pubblicato dall’Ocse evidenzia le lacune del processo di trasformazione della macchina amministrativa italiana in senso digitale. L’Italia, infatti, si posiziona al 19° posto nell’edizione 2023 del Digital Government Index (Dgi) dell’Ocse: la classifica che valuta gli sforzi compiuti dai governi per creare le basi necessarie per una trasformazione digitale del settore pubblico coerente e incentrata sulle persone. Sul podio Corea, Danimarca e Regno Unito, che si distinguono per performance particolarmente virtuose in tutti gli ambiti analizzati: servizi Digital by design, PA data-driven, servizi Government as a platform, amministrazione aperta, amministrazione user-driven e proattività. Lo studio è formulato sulla base di 155 dati provenienti da 33 Paesi membri, 4 Paesi in via di adesione e 1 Paese partner raccolti nel 2022, che coprono il periodo compreso tra il 1° gennaio 2020 e il 31 ottobre 2022. A pesare sulle performance dell’Italia è in particolare l’indice che misura la maturità data driven della PA: 0.534, contro un 1 di Corea, 0.833 di Danimarca e 0.598 di Regno Unito. In questo ambito i primi dieci classificati sono Corea, Estonia, Irlanda, Norvegia, Danimarca, Francia, Colombia, Australia, Lituania e Svezia: in tutti questi Paesi, la gestione e l’utilizzo dei dati governativi sono una priorità strategica, che si riflette in sforzi globali per rafforzare la governance dei dati nel settore pubblico e migliorare l’accesso e la condivisione dei dati.

Il nodo della formazione del personale

La spinta verso la digitalizzazione della PA apre poi la strada alla questione della formazione del personale che sarà chiamato a gestire i nuovi processi orientati al rinnovamento tecnologico. E anche qui non è che l’Italia brilli a livello europeo per gli indicatori di formazione, almeno secondo i parametri previsti dall’Indicatore DESI (Digital Economy and Society Index) dell’Unione Europea che, per l’appunto, misura attraverso una serie di indicatori i diversi elementi che compongono il complesso poliedro della digitalizzazione di un sistema paese, fornendone una valutazione sintetica. Secondo questo indice il nostro paese non è certamente da podio. Negli ultimi anni, infatti, ha costantemente oscillato fra diverse posizioni, sempre nella “zona retrocessione” d’Europa: quartultima posizione nell’ultimo Rapporto, e penultima qualche anno fa, in competizione con paesi quali la Romania, la Bulgaria e la Grecia. Considerando appunto il solo indicatore di eGovernment, le prestazioni peggiori del sistema Italia si verificano in particolare su due indicatori: meno del 40% di utenti digitali dei servizi amministrativi, quando la media dei paesi membri Ue è quasi del 65. Allo stesso tempo risulta inferiore a 50 (precisamente 49 su 100) il punteggio raggiunto dall’indicatore sulla modulistica precompilata, quando la media Ue è di circa dieci punti superiori. Andiamo sicuramente meglio, invece, relativamente ai servizi digitali per le aziende, dove siamo sostanzialmente allineati con gli altri paesi europei, con un punteggio di 85 su 100. Buone performance anche nella completezza dei servizi forniti on line (procedure semplici come la registrazione delle nascite, il cambio di residenza, il passaggio di proprietà di un’auto) dove con 90 punti su 100 siamo due punti sopra la media europea.

Riflessioni Finali

Senza dubbio l’Italia ha compiuto notevoli passi in avanti in termini di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione negli ultimi anni. In particolare dopo l’approvazione del PNRR, e grazie alle risorse che sono state investite sugli obiettivi fissati dal Piano, si è registrata una accelerazione nella trasformazione in senso digitale dei processi e dei servizi erogati al cittadino da parte delle Amministrazioni pubbliche. L’Italia, inoltre, sta dimostrando una buona capacità di impiego delle risorse europee e sta complessivamente rispettando la road map condivisa con Bruxelles sugli obiettivi da raggiungere entro l’arco temporale di impiego dei fondi comunitari. Molti dei principali indicatori relativi alla digitalizzazione dei servizi della PA, nonché lo stesso utilizzo degli strumenti digitali che la PA mette a disposizione degli utenti, segnalano un miglioramento consistente. Restano da colmare ancora alcuni deficit, come quelli relativi all’efficienza dei servizi e alla formazione del personale. Sulla capacità di risolvere questi nodi si giocherà nei prossimi anni la possibilità di completare il processo di digitalizzazione della PA che tanti progressi ha compiuto nella fase post pandemica.