L’Italia ha una probabilità ‘medio-alta’ di raggiungere gli obiettivi di connettività a banda ultra-larga fissati dai piani europei Gigabit Society 2025 e Digital Decade 2030. L’indicazione emerge da un report di valutazione elaborato dalla Commissione europea che fa il punto sullo stato di avanzamento dei piani nazionali sulla connettività ‘ultra-veloce’. Il nostro paese si colloca più o meno a metà della classifica tra i Paesi dell’Unione europea e risulta in linea con la maggior parte dei membri dell’Ue, per i quali la probabilità di raggiungere il target “Accesso a 1 Gbps (download/upload) per tutte le scuole, gli hub del trasporto, i principali fornitori di servizi pubblici e le imprese ad alta intensità digitale” è medio-alta.
Tra i Paesi che hanno probabilità basse di raggiungere i target fissati dalla Ue figurano la Grecia, il Belgio e, a sorpresa, l’Austria e la Germania. Il buon posizionamento dell’Italia, tuttavia, non deve far passare in secondo piano gli sforzi che il nostro Paese deve produrre per raggiungere gli altri target fissati dalla Ue. È il caso dell’obiettivo di “Accesso a velocità di download di almeno 100 Mbps con possibilità di upgrade a 1 Gbps per tutte le famiglie” – un target, come il precedente, che rientra nel piano Gigabit Society 2025 e che la Commissione europea riconosce come “più problematico” per molti Paesi-membri e su cui solo sei (Ungheria, Lettonia, Lussemburgo, Malta, Portogallo e Romania) hanno una “probabilità alta” di successo.
Il Piano di connettività dell’Italia e il suo stato di avanzamento
La Strategia Italiana per la Banda Ultra Larga, ricorda la Commissione, definisce le azioni necessarie a raggiungere gli obiettivi della trasformazione digitale Gigabit Society e del Digital Decade. La strategia prevede sette aree di intervento: a) Piano per le aree bianche, b) Piano voucher, c) Piano Italia 1 Giga, d) Piano Italia 5G, e) Piano Scuole Connesse, g) Piano Sanità connessa e h) Piano Isole Minori. I primi due, Piano Aree Bianche e Piano Voucher, sono la continuazione della precedente Strategia per la rete di accesso di prossima generazione (Strategia Italiana per la Banda Ultra-Larga) mentre gli altri cinque piani sono stati approvati dal Governo nel 2021 e finanziati con le risorse previste dal PNRR pari a 6,7 miliardi di euro. L’implementazione pratica del piano per la banda larga è in corso, ma con ritardi.
Il report della Commissione individua, in particolare, “difficoltà nell’accesso alle infrastrutture esistenti e difficoltà nell’ottenimento dei permessi nonostante l’attuazione a livello nazionale della direttiva sulla riduzione dei costi”. Tra i principali parametri individuati dalla Ue si segnala che la copertura NGA si è attestata nel 2022 su un soddisfacente 97%. La copertura fissa VHCN è al 53,7% ed è aumentata del 20% negli ultimi due anni. Malgrado questa performance risulta ancora molto al di sotto della media Ue, pari al 73,4%. La copertura FTTP è aumentata di 20 punti negli ultimi due anni attestandosi al 53,71% ed è molto vicina alla media Ue. Anche la diffusione della banda larga Gbps si avvicina alla media Ue con il 13,45% ed è aumentata di 9,2 punti dal 2021. Secondo la Commissione, inoltre, c’è una alta probabilità che l’obiettivo “Accesso a 1 Gbps (download/upload) per tutte le scuole, i trasporti, i principali fornitori di servizi pubblici e le imprese ad alta intensità digitale” sia raggiunto nel 2025.
Le criticità nel Piano italiano
Per Bruxelles, tuttavia, restano ancora da affrontare alcune sfide. L’Italia, afferma la Commissione, dovrebbe agire per migliorare la copertura delle reti VHCN e semplificare le procedure amministrative, oltre che il coordinamento tra enti, nel processo di installazione dell’infrastruttura per la banda larga. Inoltre, si legge nel report, esiste ancora un divario considerevole tra la copertura nelle aree urbane e in quelle rurali. Solo il 26% delle zone rurali è coperto da VHCN fisso. I processi amministrativi e di coordinamento relativi alla realizzazione delle infrastrutture a banda larga, inoltre, sono piuttosto articolati e complessi. Un problema in più potrebbe essere rappresentato dal livello di alfabetizzazione digitale della popolazione. “Sebbene i prezzi della banda larga siano inferiori alla media dell’Ue – osserva la Commissione – il basso livello di competenze digitali di base della popolazione (46%) e un utilizzo di Internet leggermente inferiore alla media dell’Ue (83%) potrebbero avere un impatto sulla domanda.
L’Italia deve inoltre confrontarsi con un fattore geografico penalizzante legato alla difficile accessibilità di alcune aree montane, sia appenniniche che alpine. Questo fattore impatta sulla probabilità che l’Italia raggiunga l’obiettivo di “Accesso a velocità di download di almeno 100 Mbps incrementabili fino a 1 Gbps per tutte le famiglie” entro il 2025: un target, quest’ultimo, che ha una bassa probabilità di essere raggiunto se non si interviene in modo strutturato e organico.
I ritardi del piano italiano 1 Giga e l’intervento del Governo
Per colmare i ritardi del piano italiano è recentemente intervenuto anche il Governo che ha messo a punto un emendamento, approvato lo scorso aprile dal Parlamento, per salvare uno dei progetti centrali del PNRR, la gara “Italia a 1 giga” per l’estensione della copertura della banda ultra larga. In particolare la norma è finalizzata a mettere in salvo i lotti di Open Fiber alla luce dell’impossibilità, da un lato di collegare un numero elevato di civici risultati inesistenti, dall’altro di collegare un altrettanto cospicuo pacchetto di indirizzi, a questi adiacenti, non individuati nella mappatura iniziale, rivelatasi in parte fallace.
Pur intervenendo su questi aspetti l’emendamento tiene fermo “il termine finale di esecuzione dell’opera, il numero complessivo dei civici da collegare e l’onere complessivo dell’investimento” assunto dagli aggiudicatari, senza oneri per la finanza pubblica. La gara vale complessivamente 3,45 miliardi di euro, di cui 1,8 si riferiscono ai lotti di Open Fiber con una scadenza fissata al 30 giugno 2026. La questione dell’emendamento peraltro non esclude che uno o due lotti in capo a Open Fiber, quelli più in ritardo, vengano ceduti a Tim-Fibercop. Dal canto loro Tim e Fibercop, la società infrastrutturale del Gruppo, si occupano della messa a terra dei 7 lotti che si sono aggiudicati nell’ambito del Piano Italia 1 Giga, per un valore di oltre 1,6 miliardi di euro di finanziamento, ai quali si aggiungono circa 700 milioni di investimento diretto. L’obiettivo è garantire entro il 2026, grazie alla posa di fibra ottica nella rete di accesso, una velocità di connessione di almeno 1 Gigabit/s in download e 200 Megabit/s in upload. Il Piano complessivamente interessa 10 Regioni (Piemonte, Val d’Aosta, Liguria, Abruzzo, Molise, Sardegna, Umbria, Marche, Calabria e Basilicata) più le Province autonome di Trento e Bolzano.
La situazione nella Ue
Accanto alle criticità italiane, Bruxelles segnala anche le aree problematiche che sono insite nei piani di connettività di molti paesi europei. Se l’Europa non vuole restare indietro a livello globale, i Paesi “dovranno premere l’acceleratore sulla diffusione della banda ultra-larga”. Per la Commissione Ue la copertura con reti gigabit e l’uso dei servizi internet è cruciale per lo sviluppo e la competitività economica europea e per la stessa coesione sociale all’interno dell’Unione. “Molti Paesi – segnala Bruxelles – faranno fatica a raggiungere gli obiettivi di connettività. Tuttavia, abbiamo identificato diversi aspetti promettenti che potrebbero avere un impatto positivo sull’implementazione e, tra questi, figura soprattutto la forte domanda di banda ultraveloce: un fattore positivo che aumenterà sia la copertura che la diffusione”.
È inoltre positivo, aggiunge la Commissione, che molti paesi stiano portando avanti sforzi rilevanti “per avviare e incentivare i mercati VHCN e FTTx nelle aree rurali: un impegno che viene realizzato sia attraverso gli aiuti di Stato che attraverso la cooperazione e la domanda intersettoriale”. Pur riconoscendo che gli obiettivi di connettività fissati dai programmi europei sono ambiziosi e che, ad oggi, molti Stati “sono ben posizionati per raggiungere questi obiettivi”, alcuni target sembrano presentare maggiori criticità. La situazione più complicata riguarda l’obiettivo di connettività che dovrebbe consentire un download con velocità di almeno 100 Mbps incrementabili a 1 Gbps per tutte le famiglie entro il 2025.
Attualmente, la maggior parte Gli Stati membri fatica a raggiungere questo obiettivo. Gli investimenti si concentrano sulle reti in fibra ma vi sono alcuni Stati membri che dipendono ancora da tecnologie per le quali non è garantito che le connessioni a 100 Mbps possano essere aggiornate a 1 Gbps in modo da poter fornire in modo affidabile queste prestazioni a tutti gli utenti. Per quanto riguarda il target 5G (copertura ininterrotta della banda larga wireless 5G per tutte le aree urbane e maggiori strade e ferrovie), le prospettive sono relativamente buone. “Il lancio commerciale del 5G è a pieno ritmo e c’è ottimismo sulla connettività 5G di base”, si legge nel report. Tuttavia, lo sviluppo e l’adozione di sistemi 5G autonomi procedono più lentamente del previsto e per alcuni Stati membri il servizio ininterrotto lungo le principali strade e ferrovie potrebbe rappresentare una sfida complicata da affrontare. L’obiettivo di connettività fissato dal piano decennio digitale 2030 è raggiungibile ma sarà un percorso non pieno di ostacoli che richiederà un grande sostegno da parte dei singoli stati, i quali, a loro volta, dovranno adeguare le proprie infrastrutture nel più breve tempo possibile per garantire all’Unione Europea una adeguata competitività nel contesto globale.
Riflessioni finali
Come indica la Commissione europea nel report, il futuro digitale dell’Europa “dipenderà fortemente” dal raggiungimento dei target fissati in sede comunitaria. “Se l’Unione e i suoi Stati membri incentivano la diffusione di queste tecnologie, l’infrastruttura digitale dell’Europa potrà diventare un vantaggio competitivo e un supporto al progresso sociale ed economico dell’Europa”. L’Italia, complessivamente, appare ben posizionata per raggiungere una parte significativa di questi obiettivi e risulta sicuramente meglio posizionata rispetto a Paesi, come la Germania, che possiedono uno stock più ampio di risorse pubbliche e private da impegnare. Restano, però, alcune criticità, in parte legate ad elementi oggettivi (come il fattore geografico) e in parte dovute a criticità amministrative e burocratiche che possono rallentare il pieno e rapido sviluppo di implementazione delle infrastrutture digitali italiane. La rimozione di questi ostacoli è un aspetto ovviamente prioritario. Come prioritario è l’adeguamento e la crescita delle competenze digitali di base tra la popolazione italiana: un fattore, quest’ultimo, che potrebbe incidere negativamente sulla domanda di servizi digitali ad ampio spettro in diverse aree del nostro paese.