Storicamente il data center veniva considerato come un bunker di dati statici, uno spazio in cui si concentravano le risorse necessarie per l’elaborazione delle informazioni di un’azienda. Oggi possiamo affermare che il concetto di data center si è molto evoluto: il data center può essere definito come l’infrastruttura fondamentale su cui si basano strumenti più sofisticati di elaborazione e analisi delle informazioni, come l’Intelligenza Artificiale, il Machine Learning o l’Internet of Things. Oggi viviamo in un’economia globale e digitalizzata, in cui le aziende operano a livello internazionale e hanno bisogno di condividere informazioni in modo privato, diretto, sicuro e ultraveloce con realtà situate in ogni angolo del mondo. Il volume dei dati si è moltiplicato in modo esponenziale e la necessità di creare ecosistemi per l’accesso condiviso alle informazioni è diventata essenziale. Tutto questo è possibile all’interno dei Data Center, il cui ruolo è assurto a un’importanza senza precedenti.
Un 2023 in crescita per l’ecosistema dei Data Center italiani
Secondo i dati dell’Osservatorio Data Center, promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano, lo scorso anno l’ecosistema dei data Center italiani ha registrato una fase di accelerazione senza precedenti: 23 organizzazioni (di cui 8 società nuove entranti sul mercato italiano) hanno annunciato l’apertura di 83 nuove infrastrutture nel periodo 2023-2025, la cui messa in produzione potrà portare sul territorio, potenzialmente, fino a 15 miliardi di euro di investimenti complessivi. Le nuove aperture hanno portato a una crescita della potenza energetica nominale attiva sul territorio di 80 MW, portando la potenza totale dei data center italiani a 430 MW (+23% rispetto al 2022). In crescita si segnala anche il segmento della colocation, ossia la compravendita o l’affitto di infrastrutture abilitanti per il posizionamento di server e patrimonio informativo delle organizzazioni. Nel 2023 il valore del mercato nazionale di questo segmento si è attestato a 654 milioni di euro (+10% rispetto al 2022). Se le condizioni saranno favorevoli, si stima che questa quota possa crescere fino a più che raddoppiare nel 2025.
A questo valore specifico si aggiunge poi un indotto ancor più rilevante legato ai mercati digitali che sono abilitati da queste infrastrutture. Dal punto di vista dimensionale, la maggior parte dei data center italiani è oggi di media (2-10MW) e piccola potenza (<2MW), mentre meno diffusi sono gli edifici con alta potenza (>10MW), che risultano più complessi da costruire e vincolati alla presenza di punti di collegamento all’alta tensione. Secondo i dati dell’Osservatorio Data Center del Politecnico di Milano, il capoluogo lombardo rappresenta il primo polo infrastrutturale del Paese (184 MW). Anche se ancora lontana da un polo di riferimento come Francoforte (791 MW), Milano si sta proponendo come uno dei centri di maggior interesse rispetto ad altri Paesi considerati emergenti nell’ecosistema Data Center europeo, come Madrid (136 MW) e Varsavia (86 MW). Un posto di rilievo inizia ad assumerlo anche l’area di Roma che potrà candidarsi, seppur su una scala di valore molto inferiori, al ruolo di secondo polo del Paese. Risultano invece attualmente meno diffuse le infrastrutture in altre aree della penisola. Questo sviluppo territoriale e nazionale si colloca in uno scenario europeo in forte cambiamento in cui, storicamente, i data center si sono sviluppati principalmente in 5 città: Francoforte, Londra, Amsterdam, Parigi e Dublino.
Tuttavia, dopo anni di sviluppo incessante, queste aree stanno rallentando la loro crescita, aprendo opportunità interessanti per gli altri Paesi. A questo si affianca uno sviluppo dell’ecosistema cloud europeo che si sta muovendo verso una logica decentralizzata. Questo perché, dal punto di vista funzionale, la creazione di nuove infrastrutture di prossimità (edge computing) è finalizzata alla riduzione della latenza nella trasmissione dei dati. Un altro driver importante è quello politico, per cui lo sviluppo di data center locali è orientato al mantenimento di dati (in particolare quelli più sensibili) all’interno dei confini nazionali per obiettivi strategici e di sicurezza. Lo stesso governo italiano, con il PNRR e il percorso di digitalizzazione della pubblica amministrazione, sta razionalizzando le proprie infrastrutture e creando un Polo Strategico Nazionale per la gestione dei dati e delle applicazioni critiche.
Il Polo Strategico Nazionale, la strada per il cloud italiano
Il Polo Strategico Nazionale (PSN) è la nuova infrastruttura cloud per la Pubblica Amministrazione, partecipata da Tim, Leonardo, Cassa Depositi e Prestiti (attraverso la controllata CDP Equity) e Sogei che offre soluzioni e servizi cloud alle Amministrazioni garantendo efficienza, sicurezza e affidabilità dei dati. La nuova infrastruttura è uno dei pilastri della Strategia Cloud Italia, il progetto di trasformazione digitale del Paese per portare le Amministrazioni italiane a utilizzare servizi in cloud secondo tre linee di indirizzo: classificazione di dati e servizi (strategici, critici, ordinari), identificazione di quelli trasferibili su cloud e migrazione effettiva verso il Polo Strategico Nazionale. Le milestone italiane ed europee del PNRR prevedono entro settembre 2023 il passaggio delle prime 30 amministrazioni, di arrivare a 100 entro il 2024 e a 280 entro giugno 2026. Al centro delle attività di Polo Strategico Nazionale ci sono quattro Data Center, due in Lombardia e due nel Lazio, in modo da assicurare il back-up dei dati, il disaster recovery e la continuità operativa anche in caso di crisi. I siti dei Data Center sono stati individuati ad Acilia e Pomezia nel Lazio, insieme a Rozzano e Santo Stefano Ticino in Lombardia.
I Data Center sono realizzati seguendo i massimi requisiti richiesti nel settore e posseggono le più importanti certificazioni, così da fornire l’efficienza energetica necessaria garantendo l’eccellenza dei processi gestionali e operativi. Seguendo le linee guida stabilite dal PNRR, 280 Amministrazioni si stanno preparando e molte hanno già completato il passaggio definitivo al cloud computing, comprese quelle centrali e le aziende sanitarie. La prima milestone prevede la migrazione delle prime 100 Amministrazioni entro settembre 2024. Il processo di transizione digitale procede con risultati superiori alle aspettative; quella messa a punto da Polo Strategico Nazionale è un’infrastruttura cloud ad alta affidabilità e un sistema che accompagna le Amministrazioni e le supporta nel tempo. I dati dei cittadini saranno custoditi nei Data Center localizzati sul territorio e controllati 24 ore su 24 da sistemi di sicurezza fisica e cibernetica.
Cresce in Europa il sistema dei Data Center
l mercato dei data center nel 2023 ha realizzato un giro d’affari da 18 miliardi di dollari, pari a una crescita annuale del 13%. Questi i dati diffusi da ResearchAndMarkets.com secondo cui l’adozione di servizi basati sul cloud da parte delle aziende ma anche dei consumatori attraverso i social media sta spingendo colossi come Meta, Google, Amazon Web Services e Microsoft nella realizzazione di nuovi data center in tutta Europa. E si prevede che il crescente utilizzo dei servizi cloud in Europa favorirà l’aumento del mercato della colocazione dei data center nei prossimi anni. È la Germania a detenere la maggiore quota di mercato grazie alle strategie di trasformazione digitale, all’adozione del cloud computing da parte delle imprese, all’IoT, all’IA, all’implementazione del Gdpr e alle azioni messe in campo a seguito della pandemia. Nel Regno Unito, Londra è una delle principali sedi di investimento, mentre aree metropolitane come Manchester, Slough e Birmingham prevedono investimenti significativi negli anni a venire. Colocazione al dettaglio e all’ingrosso sono i due segmenti presi in esame. La colocazione al dettaglio detiene la quota più alta del mercato. Si prevede che questo segmento crescerà con il più alto Cagr nei prossimi anni, in quanto offre flessibilità in termini di infrastruttura IT, a vantaggio delle piccole e medie imprese. Le grandi imprese detengono la quota maggiore del mercato dei data center. L’espansione del mercato è favorita dalla crescente adozione di servizi di colocazione da parte dei principali fornitori di servizi cloud e hyperscaler.
Le sfide per il 2024, focus sulla sostenibilità
Dopo la rapida crescita del 2023, i Data Center saranno chiamati ad affrontare una serie di problematiche nel corso dei prossimi mesi. La principale sfida sembra essere quella della gestione sostenibile. Secondo le evidenze di un rapporto messo a punto dal think tank Uptime Institute, nei prossimi 12 mesi, molti cloud provider saranno costretti a fare marcia indietro rispetto agli obiettivi dichiarati pubblicamente, in primis perché gli sforzi sul fronte della sostenibilità faticano a tenere il passo con il crescente controllo normativo. Proprio il tema della sostenibilità ambientale ed energetica rappresenta una delle questioni principali che emerge dell’analisi condotta da Uptime Institute sul sistema dei data center innestandola sulle tendenze di fondo che condizioneranno la crescita e lo sviluppo del settore delle infrastrutture digitali nel corso del 2024. Il primo e forse più importante trend è per l’appunto quello che riguarda la sfida della sostenibilità. In particolare, Uptime Institute prevede che il 2024 segnerà l’inizio di un “periodo impegnativo” per il settore dei data center che durerà fino al 2030. In questi anni, stima il rapporto, le organizzazioni si impegneranno per “raggiungere gli obiettivi di sostenibilità e i requisiti di rendicontazione” ma dovranno scontrarsi con le autorità di regolamentazione (e anche con alcuni partner), sforzandosi nel contempo di allineare i propri obiettivi aziendali con quelli di sostenibilità”.
Per gli operatori dunque sarà “più difficile e più costoso” mantenere i propri impegni di sostenibilità e lavorare per raggiungere gli obiettivi di zero emissioni dichiarati pubblicamente, il che significa che alcuni player potrebbero essere costretti a fare marcia indietro sui propri impegni o a diventare meno trasparenti sui progressi che stanno compiendo. La strada più ovvia da perseguire sarebbe quella di aumentare ulteriormente gli investimenti anche se, avverte il rapporto, il raggiungimento di obiettivi pubblici più severi non sarà facile per chi gestisce infrastrutture critiche”. D’altro canto, le molteplici attività svolte all’interno dei Data Center presentano un coefficiente energivori decisamente elevato. “Il maggiore utilizzo di software e processori più energivori, la mancanza di disponibilità di energia rinnovabile nella rete elettrica e i crescenti requisiti di resilienza di fronte al cambiamento climatico renderanno più difficile – secondo Uptime – perseguire una efficace opera di riduzione delle emissioni di carbonio”. Allo stesso tempo le pressioni associate alla compliance rispetto agli obblighi normativi potrebbero anche incoraggiare l’adozione diffusa di strategie di sostenibilità più aggressive e ponderate, favorendo investimenti progressivi ed efficaci”.
Oltre che con la questione del rispetto delle regole pubbliche in materia di emissioni di carbonio, nel corso del 2024 i cloud provider dovranno confrontarsi con altri quattro macro-trend. Il primo, secondo Uptime, è l’impatto della AI, che ha già spinto l’ecosistema dei Data Center a prepararsi a un aumento significativo della domanda e a una maggiore necessità di energia e raffreddamento. Sebbene l’impatto complessivo sui data center possa essere profondo, i servizi più esigenti saranno però forniti solo da alcuni player. Per la maggior parte degli operatori, l’impatto sarà indiretto: la sfida immediata sarà dunque quella di trovare il modo migliore per offrire un mix più ricco di densità e livelli di resilienza dalla stessa struttura. Il rapporto spiega poi come gli operatori abbiano tardato a trarre vantaggio dagli sviluppi del software, della connettività e delle tecnologie dei sensori che possono aiutare a ottimizzare e automatizzare il funzionamento delle infrastrutture critiche. “Questa situazione sta iniziando a cambiare, con un numero crescente di operatori che abbracciano nuovi strumenti e l’uso intelligente dei dati (compreso l’apprendimento automatico)”.
L’immagine che emerge, tuttavia, è quella di un settore ancora in evoluzione e che sarà esposto ai rischi legati alla complessità, alla scarsa implementazione e alla scelta degli strumenti. In evidenza anche la questione dell’efficienza energetica: gli operatori si aspettano molto dal raffreddamento diretto a liquido in termini di miglioramento dell’efficienza e della sostenibilità. Tuttavia, questi vantaggi saranno fuori portata per molte organizzazioni. Ma secondo il rapporto, l’introduzione lenta di questa tecnologia, caratterizzata da ambienti misti, da un’ottimizzazione limitata e dalla continua richiesta di funzionamento in parallelo dei sistemi esistenti, limiterà il suo contributo all’efficienza dell’infrastruttura, anche se necessario. La costruzione di nuovi campus di colocazione hyperscale, collegati da fibra ad ampia larghezza di banda, infine, alleggerirà la pressione sugli hotspot dei data center tradizionali e, a lungo termine, abbasserà i prezzi della colocazione. Come soluzione alla domanda vertiginosa di calcolo e storage, il campus hyperscale emergerà lentamente, con la disponibilità di fibra e di energia come fattori critici.
Riflessioni finali
Non c’è dubbio che il settore dei Data Center abbia registrato nei mesi scorsi uno sviluppo rapido e che continui a presentare ampi margini di crescita. In questa direzione puntano tutti gli studi realizzati di recente in cui il mercato italiano viene accreditato come promettente in termini di potenziale di crescita e sviluppo. Su queste prospettive pesano, tuttavia, due questioni: la soluzione delle problematiche di sostenibilità connaturate in un settore ad alta acquisizione energetica e il rispetto dei vincoli normativi imposti in materia dai singoli Stati nazionali. La strada dei maggiori investimenti sembra essere ovvia. Tuttavia, accanto all’incremento delle risorse necessarie per l’adozione delle soluzioni tecnologie più innovative, non deve mancare una visione strategica, anche pubblica, che sappia indirizzare e assecondare lo sviluppo di questo settore fondamentale per la crescita del ‘Sistema Paese’.